giovedì 29 agosto 2024

Riconoscimento internazionale.

Riconoscimento internazionale. L'atleta brasiliano Regis Leal, finisher della Badwater Ultramarathon, ringrazia Ciro Di Palma Sport Mental Coach.
(da 1h 22'01" a 1h 22'34")

giovedì 14 settembre 2023

Problem Solving Strategico... in pillole.

In presenza di un blocco della performance: sportiva o lavorativa; la sequenza del Problem Solving Strategico può esserci d'aiuto. Questo metodo permette d'avere una guida precisa e rigorosa, tenendo ben presente un fattore, quello di non passare allo step successivo se non si è realizzato bene quello precedente. Ciò, a occhi ingenui potrà sembrare una perdita di tempo ma, questo partire dopo, permetterà di arrivare prima all'obiettivo, trasformando i blocchi in opportunità seguendo un percorso che libera risorse, guida e inserisce piccoli, al contempo graduali cambiamenti che diventano poi valanghe di cambiamento.

Il primo passo da compiere in questo percorso è la DEFINIZIONE DELL'OBIETTIVO che vogliamo raggiungere. Potrebbe sembrare scontato ma anche l'ovvio va dimostrato (cit. G. Nardone). Perchè non è facile definire un obiettivo è presto detto... La nostra mente racconta molte storie, quasi sempre quelle che vogliamo sentirci dire, così anche la memoria ci gioca brutti scherzi raccontando tante bugie; in questo modo, noi ci autoinganniamo anche su quello che vogliamo. Definire, quindi, chiaramente un obiettivo è il primo passo, quello importante verso il suo raggiungimento. Facile? No, non lo è. Per farlo a volte impieghiamo tanto tempo.

ANALIZZARE LE PROBLEMATICHE che non permettono il raggiungimento dell'obiettivo è il secondo step del Problem Solving Strategico. Trovare le difficoltà che non consentono il cambiamento strategico è essenziale e anche questa azione deve essere molto accurata.

La terza fase, fondamentale, è cercare LE TENTATE SOLUZIONI DISFUNZIONALI, mettendosi alla ricerca anche di quelle azioni agite in passato, che hanno portato un risultato ma che al momento funzionano meno. Tante volte sono proprio le tentate soluzioni che alimentano il problema stesso. Non di rado capita che un atleta, un manager mettano in atto delle strategie usate con successo precedentemente, questo perchè una volta raggiunto un equilibrio si tende a mantenerlo, a maggior ragione se il risultato avuto fosse stato eccellente. Le tentate soluzioni possono essere consapevoli ma anche inconsapevoli, possono essere pensieri, azioni che vanno analizzate e svelate nei loro meccanismi di alimentazione del problema. Una volta identificate queste azioni disfunzionali dobbiamo introdurre delle soluzioni alternative. Facile a dirsi, meno a farsi... Dobbiamo, quindi, trovare un modo che renda possibile ciò. Ci sono tre tecniche che vengono in aiuto: LO SCALATORE, che rende apparentemente graduale il cambiamento; IL COME PEGGIORARE che utilizza una logica paradossale (ottenere qualcosa spingendo nella direzione opposta); LO SCENARIO OLTRE IL PROBLEMA, tecnica di fantasia che riportata nella realtà in piccoli pezzi, ci permette poi di agirli partendo dal più piccolo.

Voglio concludere usando una citazione del prof. Nardone... Il Problem Solving Strategico è "un modello che modella" cioè, se applicato al nostro modo di vedere e non solo nella risoluzione dei problemi, ci modella, rendendoci la mente più flessibile... Diventando così: UN MODO PER MIGLIORARE NOI STESSI.

giovedì 30 giugno 2022

Capire per cambiare? Cambiare per capire.

 

Il CAMBIAMENTO. Capire per cambiare oppure cambiare qualcosa per capire sempre di più? Quando siamo davanti ad una condizione di blocco, la prima azione, la più immediata che mettiamo in atto è quella di pensare, di capire che cosa stia impedendo lo svolgimento fluido della situazione. E' normale, è inevitabile, è come se l'essere umano fosse programmato per cercare il perchè di certi stati. La squadra ha perso tre partite di fila... Perchè è successo? Perchè non ha funzionato? Così si comincia  a pensare dove  operare per invertire la rotta, cercando di trovare l'area di miglioramento... Tante volte però, il bandolo della matassa non si trova e proprio perchè ci si cristallizza in questo stato mentale. Non dobbiamo rimanere sorpresi da ciò perchè anche nella vita di tutti i giorni si verifiano queste situazioni. Un esempio? Il genitore che cerca di far capire al figlio del perchè abbia una performance scolastica non sufficiente. C'è un errore di fondo in tutto ciò ed è quello che si dia per scontato che capire qualcosa corrisponda poi ad un cambiamento nella realtà. Quante volte un atleta capisce che si alleni poco per avere un certo tipo di performance ma, pur sapendolo, non fa niente che andrebbe nella direzione del cambiamento? Quante volte un personaggio sportivo s'innervosisce in conferenza stampa dando una pessima immagine di se stesso ma pur riconoscendosi questa particolarità non fa niente per esprimersi diversamente? Io, da Coach mi chiedo cosa possa celarsi dietro questo atto di autosabotaggio dell'essere umano che non gli permette il cambiamento. La risposta è semplice ma non banale, tante volte il solo capire non basta. La cognizione, parola che deriva dal verbo latino cognosco (con 'con' + gnōscō 'sapere'), il quale a sua volta è affine al verbo greco antico gignόsko, che significa 'io so' (sostantivo: gnόsis, conoscenza), può anche non bastare e può anche non funzionare. All'improvviso però, la squadra comincia a vincere, l'atleta inizia ad allenarsi con continuità e si resta sconcertati da questi cambiamenti improvvisi, quasi fortuiti. Ci si accorge di questa trasformazione non perchè si è "capito" ma perchè guardando il cammino si nota di un cambiamento prodotto da certe azioni, questo è il mio lavoro, far in modo che avvengano certe metamorfosi facendo poi eventualmente capire, ma anche no, i tanti perchè. Quindi "Non è capire per cambiare ma cambiare per capire". Cambiare qualche piccola cosa, qualche dettaglio in modo da produrre anche un leggero cambio di rotta, senza stravolgere niente, cercando di andare nella direzione dei piccoli passi. Piccoli passi? Certo, perchè in questo modo si potrà sempre correggere il tiro (senza fare danni) se il cambiamento non andasse nella direzione sperata. Stravolgere tutto potrebbe anche causare un grande danno e tutto ciò non ce lo possiamo permettere. Naturalmente i cambiamenti non vanno inseriti a caso ma seguendo delle logiche rigorose seppur flessibili.

Ciro Di Palma - Sport Mental Coach -

mercoledì 18 maggio 2022

Ti prometto che...

Prendo spunto da un episodio che mi è capitato qualche settimana fa. Un dirigente di una nota sociètà mi ha contattato chiedendomi la disponibilità a voler collaborare con loro subito e per la prossima stagione agonistica con la conditio sine qua non della permanenza nella serie attuale della squadra. Praticamente voleva una certezza di un RISULTATO. Purtroppo nel coaching sportivo c'è  un impiego spropositato di questa parola ma ciò non dipende tanto dalla poca conoscenza della materia da parte di dirigenti, giornalisti e allenatori ma, molte volte, dal marketing spinto proprio di alcuni Mental Coach che promettono, promettono tanto, commettendo, a mio parere, un errore metodologico. Il problema quindi non è l'atleta che per sua natura punta sempre al risultato e lo fa allenandosi costantemente ma è il professionista che promette e si focalizza SOLO su questo. Il movimento sportivo è sicuramente guidato dai risultati ma un Mental Coach non può lavorare nello specifico su un obiettivo del genere, dovrà agire su altri aspetti che andranno a interagire e talvolta ad integrarsi con tutta una serie di altri fattori che porteranno con molte più possibilità al RISULTATO. Nello sport e questo lo dobbiamo sempre ricordare, il focus è sulla PERFORMANCE e il RISULTATO è una conseguenza di essa. Personalmente ho sempre parlato (agli atleti, agli allenatori ma anche ai dirigenti) di provare a lavorare sul performare meglio. Provare? Certo perchè si può anche non riuscire nell'intento e questo per onestà intellettuale devo dirlo. Non si tratta di essere peggiore o migliore di qualcun altro  ma, semplicemente cercar di trovare l'efficacia nella specifica performance sportiva. Sul mio sito mi sono permesso di far mia una frase di Timothy W. Gallwey:" L'avversario che esiste nella nostra mente è molto più forte di quello che esiste nella realtà" ma ho aggiunto:" E' vero ma non sempre". Siamo sicuri che la mente possa essere un avversario? Siamo sicuri di poterne avere la meglio? Qui qualche Coach ma anche tanti altri commettono alcuni errori: vedere la mente come avversario e promettere di sconfiggere questo nemico che la mente stessa in qualche maniera ha contribuito a creare. Abbiamo visto che PERFORMARE in un certo modo può portare al RISULTATO ma la performance è formata da tanti tipi di PRESTAZIONI. Faccio un pò di chiarezza, abbiamo: prestazione casuale, prestazione volontaria e risultati. La prestazione casuale è quella non voluta (un tiro fortunoso che finisce all'incrocio dei pali). Gli albi d'oro sono pieni di prestazioni casuali che poi sono tali fino a un certo punto perchè gli atleti sono comunque persone che si allenano. Da Mental Coach Sportivo non potrò focalizzarmi su questo tipo  di eventi. La prestazione volontaria invece è quella per cui l'atleta riesce a performare nel modo per cui ha pianificato il tutto, mettendo insieme: tecnica, tattica, strategia e supporto del mio lavoro . Infine ci sono i risultati che sono l'incrocio di più prestazioni: casuali e volontarie. Ciò vuol dire che comunque l'atleta si misurerà con altri protagonisti che avranno anche loro i loro incroci, quindi potrebbe vincere facendo una prestazione in tono minore oppure non vincere facendo il suo record personale perchè tutto è anche circostanziale. Ecco perchè da Coach non potrò mai promettere un risultato ma lavorare in modo che la prestazione diventi volontaria e migliorarla, in questa ottica si aumentano le probabilità di un risultato eccellente. La PERFORMANCE sportiva è composta da tante componenti, alcune gestite direttamente dal Mental Coach e altre incece no.
Quelle non gestite dal Mental Coach Sportivo sono: 
  • Performance atletica;
  • Performance tecnica;
  • Performance tattico strategica.
Questi tipi di performance potrebbero essere sotto il controllo del Mental Coach ma solo se questi avesse i titoli e l'incarico per farlo.

Le Performance gestite dal Mental Coach Sportivo sono:

  • Performance mentale. Come l'atleta usa la propria mente, non considerando solo i flussi di pensiero ma anche la capacità di gestire focus e defocus;
  • Performance Emotiva. La gestione dei carichi emotivi: prima, durante e dopo la performance; 
  • Performance relazionale/comunicativa. Ha la sua centralità negli sport di squadra.
Concludo:

Un Mental Coach Sportivo non potrà mai promettere un risutato perchè questi è la risultante di tantissime variabili e circostanze ma potrà fornire agli atleti gli strumenti capaci di fargli superare le eventuali difficoltà: prima, dopo e durante la performance. 

Questo ho riferito al mio interlocutore qualche settimana fa e, alla sua insistenza, ho declinato l'invito a collaborare con loro. Spero comunque vivamente che la squadra raggiunga la tanto desiderata salvezza. 

Ciro Di Palma -Sport Mental Coach -

venerdì 1 aprile 2022

Paura, ansia e attacchi di panico...

 


Sarò molto sintetico. Cosa dovrei fare se un atleta mi riportasse come problemi: PAURA, ANSIA, ATTACCHI DI PANICO e
 la presenza di sintomi che connoterebbero queste tre PATOLOGIE? Farei come sempre un indagine e se scoprissi che, non è come spesse volte accade, solo il timore del manifestarsi di una difficolta legata a una prestazione, a un evento o quant'altro, non potrei che concludere la sessione rimandandolo ad un altro professionista (psicoterapeuta, psicologo, etc). Poche chiacchiere amici, un Mental Coach si occupa di performance (blocco, sostegno e sviluppo) e non di malattie, la legge non lo permette. Chi lo fa è anche uno psicologo o uno psicoterapeuta, il resto è semplicemente... fuorilegge.

Lascio ad altri scrivere paginate sull'argomento... Io chiudo qui.

Ciro Di Palma - Sport Mental Coach -

mercoledì 9 marzo 2022

Ho voglia però non cambio... Perchè?

Quando le cose non vanno bene, una delle prime azioni che una persona agisce, è riempirsi la testa di buoni propositi, sperando che la buona volontà possa poi bastare a superare il momento particolare. Con alcuni il gioco funziona ma con tanti, molti, troppi, così non avviene perchè entrano in gioco diverse variabili che fanno crollare il castello. Innumerevoli volte tutte queste mosse vengono messe in atto con l'idea che si stia operando nella maniera più corretta in assoluto. Facciamo due esempi, un allenatore che negli ultimi anni ha sempre vinto o lottato per farlo ma ultimamente fa fatica e la sua squadra o il suo atleta non riescono a performare a certi livelli. Inizia col pensare:"Magari cambio schema di gioco o gli allenamenti...". Ok, così farà. L'azione però, nell'immediato,  non porta i risultati auspicati e riprende i vecchi sistemi ritornando, dopo un pò  al punto di partenza. Lui ricambia ancora, pochissimi risultati sul breve e ancora daccapo fin quando dimentica l'idea del voler fare le cose in modo differente. L'altro esempio è un atleta che ha una gara importante a cui partecipare, ha il suo programma di allenamento ma ha poca voglia di svolgerlo e procrastina sempre le sedute con l'idea di:"Poi domani recupero anche quello che non ho fatto oggi...". Il tempo passa e si chiede del perchè non svolga bene le attività. Da una lettura veloce e semplicistica si potrebbe dedurre (magari sbagliando) che l'allenatore sia una persona che nella realtà non abbia voglia di cambiare, che manchi di volontà e che l'atleta sia una persona senza motivazione e che rinvii sempre "i compiti" da fare. Quello che accade nella realtà è che, per entrambi, entrano in gioco alcuni aspetti della mente che sono ingannatori (ciò non ha nulla a che fare con l'intelligenza della persone in oggetto). Da Coach, dovrò riuscire anche a vedere oltre la mancanza di volonta e/o di motivazione e potrei agire in modo non razionale, evitando la logica della linearità per cui:" Se io parlo, tu ascolti e se ascolti, metti in pratica...". Perchè l'allenatore e l'atleta agiscono in quel modo?  Perchè ci sono tanti elementi che possono interferire col cambiamento, tra i quali:
  • Un sovraccarico di stimoli per la mente;
  • Pochi dati a disposizione per elaborare delle scelte o mettere in pratica delle azioni;
  • La premura;
  • Una stima che la mente fa per quanto riguarda le conseguenze o le situazioni sulla base delle proprie (e ripeto proprie) conoscenze;
  • Un processo di sintesi che riconosca nella frequenza di certi comportamenti o in azioni già compiute, le mosse da mettere in atto. 
Facciamo attenzione però che specialmente gli ultimi due punti, tante volte vengono costruiti dal cervello stesso che poi li interpreta a come vuole oppure nel modo a lui più congeniale, talvolta sbagliando.
Tante volte, la volontà della mente si lascia condizionare dal momento particolare che l'allenatore o l'atleta stanno vivendo, quindi guardano in una sola direzione e per lo più offuscata, starà quindi al Coach offrirgli degli altri punti di vista. Da non sottovalutare anche l'eccesso di fiducia nelle proprie capacità che una persona ha nella messa in pratica del cambiamento, qui il rischio è quello che si sottovalutino alcuni fattori, all'apparenza minori ma che possano rivelarsi cardini. Anche la zona di confort può interferire con la voglia di cambiamento facendo avere alle persone una  visione distorta della realtà. Da Coach, un buon lavoro di ricerca e di piccole azioni da far compiere per generare più o meno ma anche no dei cambiamenti può aiutare nell'impresa di venire a capo di certe situazioni.

Ciro Di Palma - Sport Mental Coach -